Seduti al nostro tavolo sociale, da questa nuova edizione berremo vino per esplorare le distanze tra quel che c’è nel bicchiere e le storie, il luoghi e le persone verso cui quel bicchiere ci conduce.

Cominciamo con l’amico Pietro Stara, torinese di nascita, genovese di residenza. Insegna Antropologia nel Master di Wine Culture e Communication presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Bra), ha scritto un libro di storia del vino, “Il discorso del vino: origine, identità e qualità come problemi storico-sociali” per i tipi della Zero in Condotta di Milano e ha un blog, vinoestoria.wordpress.com.

Sarà una serata di racconti accompagnati dalle malvasie e la nostra piccola cucina ad accompagnarci in questo nostro primo viaggio.

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Nel notevole lavoro che va sotto il nome di l’”Ampelografia Universale” (Traité général de viticulture, dite aussi Ampélographie Viala et Vermorel, vol. VII, 1901 – 1910), Viala e Vermorel scrissero che «i nomi Malvasia, Malvasier e Malvoisie sono applicati a un’ampia varietà di varietà d’uva e la maggior parte degli aggettivi qualificativi che seguono questi nomi non hanno un significato definito». Lo stesso G. di Rovasenda, dopo aver citato nel suo «Saggio» (Saggio di una Ampelografia Universale, Ermanno Loescher, Torino 1877) un gran numero di Malvasie, notò: «A mio avviso dovrebbero dirsi Malvasie solo quelle uve profumate che hanno il sapore speciale di Moscato un po’ amarognolo. Sono però troppe le uve a sapore semplice chiamate Malvasie perché si possa sperare di spogliarle del nome che portano benché indebitamente».

Una serata a ritroso per scoprire i molti volti di molte uve di altrettanti vini chiamate impunemente “malvasie”.